Immigrazione & Integrazione

Immigrazione & Integrazione
Indirizzo: via S.Andrea 3 - 24044 - Dalmine (Bergamo) - Italia
Telefono:035 19967725
Cellulare:Luca Guadagni 329 2343103 Domenico Zoccali 340 5830579
Attività svolta:prestazione di servizi rivolti a tutta la comunità
Zone di operatività:Piemonte – Lombardia – Emilia Romagna – Calabria - Sicilia
Nome direttore:dott.Domenico Zoccali
Nome responsabile (nome e cognome):dott.Luca Guadagni
Lingue parlate:Italiano, Inglese, Francese

Nell’indicare le attività che l’Associazione Immigrazione & Integrazione onlus ha per oggetto, spiccano fra tutte:

1) la prestazione di servizi ed attività volti a favorire tutta la comunità con particolare riguardo agli extra comunitari, alle fasce sociali più deboli anche in termini di assistenza sociale e socio sanitaria, riabilitativa ed educativa e soprattutto per persone disabili, svantaggiate ed invalide in qualsiasi natura;

2) l’impegno a sostenere e diffondere in tutti gli ambiti nazionali ed internazionali la cultura e l’educazione alla solidarietà nell’ambito della società interamente e completamente considerata. L’Associazione Immigrazione & Integrazione onlus assicura il proprio intervento e la propria collaborazione con e presso tutti gli Enti pubblici e privati per il raggiungimento degli scopi sociali; per raggiungere tale finalità l’Associazione intende utilizzare alcuni strumenti concreti e percorsi formativi tra i quali:

- lo studio, la progettazione e la realizzazione di programmi di cooperazione;

- l’educazione allo sviluppo sostenibile, l’alfabetizzazione, la scolarizzazione, l’integrazione e l’interculturalità:

- l’informazione e la ricerca sui temi dello sviluppo, dei rapporti Nord - Sud del mondo, dell’interdipendenza planetaria e dei diritti umani favorendo anche il ricongiungimento familiare e la risoluzione di tutte le problematiche che possono eventualmente sorgere, l’accoglienza, la promozione sociale e l’assistenza degli immigrati in Italia.

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Social card ed integrazione dell'immigrazione

La social card, oltre che dai cittadini italiani, può essere richiesta dai cittadini comunitari od extracomunitari in possesso di una carta di soggiorno in corso di validità.

Ma vediamo in dettaglio quanto avvenuto dal punto di vista legislativo procedendo per ordine.

Con la legge di stabilità approvata in via definitiva dal Parlamento è stato raggiunto un importante traguardo nel complesso percorso dell'immigrazione e dell'integrazione.

Anche gli immigrati comunitari od extracomunitari, infatti, in possesso di un permesso Cee per soggiornanti di lungo periodo, meglio conosciuto come carta di soggiorno, hanno diritto alla social card. Naturalmente, oltre alla carta di soggiorno, devono anche essere in possesso di tutti gli altri requisiti previsti per i cittadini italiani.
La social card o carta acquisti è una carta prepagata sulla quale lo Stato versa 80 Euro ogni due mesi, denaro che poi i titolari possono spendere per acquistare generi alimentari e pagare.

La social card è anche una forma di sostegno destinata ai cittadini italiani over 65 anni oppure ai bambini minori di 3 anni, ma in questo caso il titolare è il genitore, che ha un reddito familiare basso. Il parametro di riferimento, come al solito, è “l'Indicatore di Situazione Economica Equivalente”, indicante il reddito annuale che deve essere inferiore a 6.700 Euro annui.

Fino a oggi la social card è stata riservata ai cittadini italiani residenti in Italia. Adesso però la legge di stabilità 2014 estende il beneficio anche agli immigrati.

Un ulteriore passo per l'integrazione dell'immigrazione.

Il testo approvato dal Parlamento dichiara, infatti, che la social card è concessa ai residenti cittadini italiani o di Stati membri dell'Unione europea.

Approvato nel mese di Dicembre dello scorso anno potrebbe apparire una sorta di regalo di Natale agli immigrati.

In realtà, l'Italia si è adeguata alla normativa europea che prevede che sul fronte delle prestazioni sociali, i cittadini comunitari e gli extra Ue "lungo soggiornanti" abbiano gli stessi diritti dei cittadini del Paese dell'Ue in cui hanno scelto di vivere.

I numeri dell'immigrazione in Italia

Secondo i dati Istat relativi al bilancio demografico nazionale, alla data del 1º gennaio 2013, risultavano residenti in Italia 4.370.317 stranieri, pari al 7,4% della popolazione totale, con un incremento, rispetto all'anno precedente, del 8,3% (335 000 persone), in frenata rispetto all'aumento registrato nel corso del 2009 (+343.000) ed in generale il più basso dal 2006.

L'incremento della popolazione straniera residente nel corso del 2012 cresce soprattutto per effetto dell'immigrazione dall'estero (321 mila individui) ma, in parte, anche delle nascite di bambini stranieri (80 mila).

I nati stranieri nel 2012 costituiscono il 15% del totale dei nati da residenti in Italia.

In diminuzione va conteggiata l'acquisizione della cittadinanza italiana di quasi 66 000 stranieri.

I dati delle statistiche ufficiali basate sulla residenza, come è ovvio, non comprendono i numerosi stranieri che dimorano illegalmente sul territorio nazionale. La Fondazione Ismu-Iniziative e studi sulla multietnicità con una sua ricerca del 1º gennaio 2008 stima la presenza di un 17,9% in più di immigrati irregolari presenti sul territorio italiano (circa 650.000).

Analizzando le zone di provenienza, si nota come negli ultimi anni ci sia stato un deciso incremento dei flussi provenienti dall'Europa orientale, che hanno superato quelli relativi ai paesi del Nord africa, molto forti fino agli anni novanta. Ciò è dovuto in particolare al rapido incremento della comunità rumena che, in particolare nel 2007, è all'incirca raddoppiata, passando da 342.000 a 625.000 persone e rappresentando quindi la principale comunità straniera in Italia. Ciò è dipeso, verosimilmente, dall'ingresso della Romania nell'Unione Europea che ha facilitato i flussi e dall'affinità linguistica. Al 1º gennaio 2011 i romeni, con quasi un milione di residenti, rappresentano la prima comunità straniera (oltre un quinto degli stranieri presenti in Italia). Accanto ad essi le principali comunità straniere presenti in Italia sono quella albanesemarocchinacinese ed ucraina.

Nel corso del 2011 almeno 1,7 milioni di persone provenienti da un Paese al di fuori dell’Unione europea sono immigrate in uno dei 27 Stati membri, mentre 1,3 milioni di persone già residenti all’interno di un Paese dell’Ue sono migrate in un altro Stato membro. Complessivamente, circa 3,2 milioni di persone sono immigrate in uno dei 27 Paesi dell’Ue, mentre almeno 2,3 milioni di persone sono emigrate lasciando il territorio dell’Ue.

Il Regno Unito è stato nel 2011 il Paese che ha fatto registrare il maggior numero di nuovi immigrati (566.044), seguito da Germania (489.422), Spagna (457.649) e Italia (385.793); questi quattro Stati membri insieme hanno ospitato nel 2011 il 60,3% di tutti gli immigrati nell’Ue.

La Spagna ha invece segnalato il maggior numero di emigrati nel 2011 (507.742), seguita dal Regno Unito (350.703), dalla Germania (249.045) e dalla Francia con (213.367). 16 Stati membri dell’Ue hanno rilevato più immigrazione che emigrazione nel 2011, mentre invece in Bulgaria, Repubblica Ceca, Irlanda, Grecia, Spagna, Polonia, Romania e i tre Stati baltici il numero di emigrati ha superato quello degli immigrati.

Considerando il numero di immigrati in relazione alla dimensione della popolazione residente, al primo posto per l’incidenza dell’immigrazione si trova il Lussemburgo (38 immigrati per 1000 persone), seguito da Cipro (26‰) e Malta (13‰).

L’incidenza dell’emigrazione sulla popolazione residente è invece stata particolarmente elevata in Irlanda (19 emigrati per 1000 persone) e Lituania (18 emigrati per 1000 persone).

Sulla base dei dati Istat, delle associazioni di volontariato nonché dei Ministeri, coinvolti direttamente od indirettamente nel fenomeno dell’immigrazione e della sua integrazione, l’immagine della popolazione immigrata è ben diversa dallo stereotipo dello straniero maschio adulto e solo, in quanto si tratta solitamente di un’immigrazione caratterizzata da:

-  dalla presenza di famiglie;

-  la fascia di età mette in rilievo una presenza massiccia di giovani adulti ambosessi (circa il 70% è tra i 18 e 45 anni, il 10% oltre i 46 e il 20% ha meno di 18 anni);

-  è diffusa, anche se in maniera disomogenea, sul territorio anche al di fuori delle aree urbane con tassi elevati, oltre 10%, nei paesi e nei centri medio-piccoli;

-  è solitamente inserita nel mercato del lavoro con forti picchi in determinate professioni (il 6% nell'agricoltura, il 45% nell'industria, il 32% nei servizi, il 17% nel commercio ed è in crescita nel settore dei servizi, dove le colf straniere rappresentano il 74,4% di tutti i lavoratori impegnati in questa professione);

-  è decisamente sensibile la presenza di minori il cui numero cresce più degli adulti, sia per ricongiunzione sia per nascita.

Immigrazione e scolarizzazione

Il fenomeno dell'immigrazione è caratterizzato spesso da giovani ed adulti che nel proprio Paese avevano casa e lavoro e vivevano una condizione socio-culturale ed economica simile alla nostra classe media.

Contrariamente ai luoghi comuni diffusi, le persone in condizioni di debolezza culturale e prive di risorse materiali non riescono ad emigrare e si ammassano alle periferie delle città capitali dei loro paesi o, quando riescono ad andarsene, si fermano nei Paesi arabi, nel sud est asiatico, in poli periferici di sviluppo.

In Italia, pertanto, arrivano sovente operai talvolta qualificati, tecnici, professionisti del commercio, giovani diplomati, contadini e piccoli proprietari di terra, insegnanti ed impiegati.

A conferma della differente immigrazione e della sua parziale integrazione nel tessuto italiano è bene fare alcune analisi dettagliate.

Ad esempio, l'imprenditoria degli immigrati, a partire dagli anni '90, sta conoscendo un notevole sviluppo.

Si tratta di un canale di inserimento tutt'altro che marginale, come avveniva una volta per le diffuse forme di ambulantato, ed anche molto promettente come sembrano aver capito in maniera crescente gli stessi cittadini immigrati.

Il mercato occupazionale italiano offre sempre nuovi spazi agli immigrati, considerato che spetta ad essi una ogni otto assunzioni e quasi un quarto dei nuovi posti di lavoro.

Tuttavia, il settore del lavoro dipendente presenta molti aspetti problematici, sia per quanto riguarda la continuità del rapporto, sia per il riconoscimento delle qualifiche e per la conseguente gratificazione.

Sono queste le ragioni per cui molti preferiscono la “via autonoma” all'occupazione, diventando imprenditori.

Alcuni riprendono così le esperienze già fatte nei Paesi di origine mentre per altri si tratta di una scelta innovativa e frutto di intraprendenza maturata a contatto con il contesto italiano.

Il cosiddetto “lavoro autonomo” degli immigrati è quindi divenuto, nel tempo, un settore molto diversificato: collaborazioni occasionali, collaborazioni coordinate e continuative che talvolta si configurano come una incipiente forma imprenditoriale ed altre volte servono solo a mascherare un rapporto di lavoro dipendente ed iniziative imprenditoriali formali, debitamente registrate presso le Cciaa, Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura.

Si usa definire questa variegata realtà come “imprenditoria etnica”, anche se le imprese sono talvolta miste e se, più che offrire servizi al gruppo di appartenenza, si rivolgono al mercato in senso lato, come del resto è prevedibile nel normale sviluppo del processo di integrazione.

Nonostante la crisi economica che affligge i Paesi occidentali le imprese degli immigrati in Italia continuano ad aumentare.

A Giugno del 2011 sono oltre 400.000 gli imprenditori stranieri in Italia, quasi 1/10 di quelli totali.

Nel primo trimestre 2009 il numero delle imprese individuali con un titolare nato in un Paese non appartenente all'Unione europea erano 242.969 unità, il 7,2% di tutte le imprese individuali italiane (3.396.224)

Va, dunque, sottolineato che dal 2006 ad oggi la presenza di immigrati nell'imprenditoria è aumentata del 38,6%.

A Giugno 2011, gli imprenditori stranieri sono aumentati del 5,7% in un anno e del 38,6% negli ultimi.

Accanto a tale dinamica ascendente si deve registrare, d'altro canto, una flessione nel numero di imprenditori italiani, calati dell'1,4% nell'arco di un anno (-0,9% solo nell'ultimo semestre) e del 6,6% dal 2006.

La presenza straniera all'interno dei settori di attività si fa maggiore nel commercio, nelle costruzioni e nella manifattura, dove, rispettivamente, sono attivi il 36%, il 29,2% ed il 9,1% del totale degli imprenditori.

Ma è nelle costruzioni che il peso dell'imprenditoria etnica si fa più evidente: su dieci imprenditori del settore, quasi due sono stranieri (17,5%).

I dati che vengono periodicamente forniti da Infocamere (l'archivio statistico degli iscritti alle Camere di Commercio) sono indispensabili per conoscere il lavoro autonomo.

Il livello culturale degli immigrati, in base al censimento 2001, risulta mediamente elevato:

- il 12% è laureato;

- il 28% ha un diploma di media superiore;

- il 33% ha la licenza media.

Oggi alcune comunità, in particolare i nuovi arrivati, presentano il 50% di laureati (Perù, Equador, Ucraina, Moldavia e Filippine).

Molti i minori, soprattutto adolescenti e preadolescenti, questi ultimi sono oltre il 20% di tutti gli immigrati.

Quasi la metà degli arrivati sono donne (48%)

Il fenomeno dell'immigrazione degli ultimi anni è peraltro cambiato anche perché implica, in misura maggiore o minore, che l'immigrato si sia procurato risorse economiche di una certa entità specialmente nel caso arrivi in Italia in maniera irregolare.

L'immigrazione irregolare implica, infatti, avere a disposizione in contanti alcuni anni di salario del proprio Paese senza contare gli appoggi in quello d'arrivo.

Spesso, poi, alla capacità di adattamento si accompagna l'intraprendenza, la conoscenza di altre lingue e la disponibilità ad affrontare i rischi della ricollocazione.

In ogni caso, pur a fronte delle caratteristiche sopra citate, risulta evidente la necessità di promuovere programmi di accoglienza degli immigrati mirati a fornire loro un bagaglio linguistico sufficiente, almeno, per un facile inserimento nel tessuto sociale e lavorativo.

A questo proposito, poi, sono significativi quei fenomeni legati ad un'immigrazione di “transumanza” o “catena umana” come testimoniato dalla comunità cinese, rumena, marocchina, peruviana ed equadoregna.

Questa particolare immigrazione etnica, legata ad una provincia o città, ha infatti mosso migliaia di singoli e famiglie che vivevano in aree definite nei loro Paesi verso la medesima destinazione. I soggetti più deboli e privi di risorse possono, pertanto, contare sul gruppo già emigrato.

In sintesi il protagonista dell’immigrazione è solitamente giovane, talvolta con diploma o laurea, che ha lavorato fino a poco prima, con una casa nel proprio Paese, una famiglia, intraprendenza e spesso una professionalità specifica.

In questo scenario di immigrazione fluttuante e di integrazione difficile in continua trasformazione, vi è una categoria a parte costituita dai rifugiati e dai richiedenti asilo che fuggono da Paesi dove sono perseguitati, come nel caso dell'ex Jugoslavia, Somalia, Liberia e Congo.

Immigrazione e nazionalità

Una caratteristica interessante dell'immigrazione in Italia è determinata dal numero elevato di nazionalità.

Infatti quelle con una significativa presenza sono circa 30 ma si arriva comunque a ben 160 nazionalità diverse.

Quella più significativa è la proveniente dalla Romania, seguita da Marocco, Albania, Ucraina, Perù, Cina, Equador, Nigeria e Polonia.

La comunità rumena, di cultura europea e lingua neolatina, conta proporzionalmente il maggior numero di lavoratori soprattutto nell'edilizia e nel lavoro autonomo. L'immigrazione rumena, inoltre, è un'immigrazione con un discreto livello di scolarizzazione e la maggior parte che arriva in Italia è in possesso di un diploma.

Immigrazione e distribuzione sul territorio nazionale

I numeri dell'immigrazione variano in base alle caratteristiche socio-economiche del territorio, per cui le zone con maggior presenza sono Roma (350.000), Milano (322.000), Torino (126.000) e Brescia (110.000).

A livello regionale, in testa vi è la Lombardia con 653.000, il Lazio con 389.000, l'Emilia Romagna con 285.000, la Toscana 222.000 ed il Piemonte 286.000. Da aggiungere, poi, circa il 20% di minori di 14 anni, indicati sul soggiorno dei genitori che portano il Piemonte a 300.000 regolari.

La distribuzione degli stranieri residenti sul territorio italiano si conferma non uniforme. L'86 % degli stranieri risiede nel Nord e nel Centro del Paese, il restante 14% nel Mezzogiorno. Gli incrementi maggiori nel corso del 2012 si manifestano tuttavia nel Sud (+12%) e nelle Isole (+10,9%).

Le politiche e gli investimenti pubblici per l'integrazione dell'immigrazione

Nel fenomeno dell'immigrazione e dell'integrazione la presenza degli immigrati pesa significativamente sul dibattito politico.

I governi succedutisi dal 1994 ad oggi sono intervenuti frequentemente sul problema con misure legislative talvolta diametralmente opposte.

La caratteristica estremamente controversa del problema è confermata dalle continue modifiche delle norme di riferimento in base alla coalizione di governo al potere: la legge Turco/Napoletano, promulgata da un governo di centro sinistra alla fine degli anni 90, è stata poi modificata radicalmente dalla Bossi/Fini con l’affermazione del centro destra nel 2001 mentre l’ultimo provvedimento legislativo (Amato/Ferrero) ha stravolto la Bossi/Fini.

Il fenomeno dell'immigrazione è oggettivamente di prima grandezza non solo nel confronto/scontro tra le forze politiche ma anche nell'opinione pubblica stessa dove si confrontano e spesso si scontrano con asprezza posizioni di apertura ed integrazione con atteggiamenti di chiusura e di allarme sociale.

Gli investimenti pubblici sulla immigrazione nel 2005 e nel 2006 ammontano a 144 milioni di euro di cui 29 milioni a sostegno dell'immigrazione e 115 milioni per contrastare l'immigrazione irregolare.

Immigrazione ed integrazione: effetti sulla società

L’immigrazione che diventa necessità di integrazione: il problema del singolo diviene il problema della collettività.

L’integrazione degli immigrati in questi ultimi anni è diventata fonte di accesi dibattiti non solo in Italia, come accennato a parte, ma ovviamente nell'intera Europa. Infatti, anche se in misura differente, tutti gli Stati membri sono coinvolti da movimenti migratori ed alcuni di essi, trasformatisi da Paesi di emigrazione a Paesi di immigrazione, si trovano ad affrontare per la prima volta le difficoltà determinate dall'integrazione.

A fronte dei nuovi immigrati e di quelli già inseritisi nel tessuto sociale, i Paesi interessati hanno modificato, alla luce di nuove esigenze e problemi, le precedenti politiche di integrazione. La promozione dell'integrazione è, pertanto, divenuta oggetto di forte dibattito e gli approcci dei vari Stati nei confronti degli immigrati, dell'immigrazione e dell'integrazione variano a seconda delle singole storie di immigrazione.

In aggiunta occorre considerare che il fenomeno dell'immigrazione ha ormai assunto, per via delle dimensioni esorbitanti, una grande sfida non solo per l'Italia ma per tutta l'Europa.

Se l'opinione pubblica interpreta spesso il fenomeno dell'immigrazione come un pericolo, questo è dovuto all'incapacità di gestirlo incanalandolo verso una integrazione disciplinata e regolamentata sottolineando non solo i diritti ma anche i doveri.

Non bisogna, infatti, assolutamente trascurare la necessità di fornire all'immigrato una coscienza civile, basata sulla consapevolezza dei propri diritti e sul rispetto dei propri doveri.

I mass-media si occupano sovente di gravi emergenze che portano ad una scorretta percezione del fenomeno, che comunque riguardano milioni di cittadini stranieri.

E' per queste ragioni che il fenomeno dell'immigrazione viene trattato come un “problema” e se negli Stati europei esiste una politica di integrazione, cioè abitativa e legata all'assistenza sociale ed all'istruzione, ne esiste anche una seconda basata sulla chiusura delle frontiere.

Ma è in ogni caso che occorre affrontare il problema come “Europa” considerando l'immigrazione e l'integrazione non alla stregua di un problema politico ma come una vera e propria sfida che vede in gioco la crescita dell'Europa stessa.

Social card ed integrazione dell'immigrazione

La social card, oltre che dai cittadini italiani, può essere richiesta dai cittadini comunitari od extracomunitari in possesso di una carta di soggiorno in corso di validità. Ma vediamo in dettaglio quanto avvenuto dal punto di vista legislativo procedendo per ordine. Con la legge di stabilità approvata in via definitiva dal Parlamento è stato raggiunto un importante traguardo nel complesso percorso dell'immigrazione e dell'integrazione. Anche gli immigrati comunitari od extracomunitari, infatti, in possesso di un permesso Cee per soggiornanti di lungo periodo, meglio conosciuto come carta di soggiorno, hanno diritto alla social card.

Naturalmente, oltre alla carta di soggiorno, devono anche essere in possesso di tutti gli altri requisiti previsti per i cittadini italiani. La social card o carta acquisti è una carta prepagata sulla quale lo Stato versa 80 Euro ogni due mesi, denaro che poi i titolari possono spendere per acquistare generi alimentari e pagare. La social card è anche una forma di sostegno destinata ai cittadini italiani over 65 anni oppure ai bambini minori di 3 anni, ma in questo caso il titolare è il genitore, che ha un reddito familiare basso.

Il parametro di riferimento, come al solito, è "l'Indicatore di Situazione Economica Equivalente", indicante il reddito annuale che deve essere inferiore a 6.700 Euro annui. Fino ad oggi la social card è stata riservata ai cittadini italiani residenti in Italia. Adesso però la legge di stabilità 2014 estende il beneficio anche agli immigrati. Un ulteriore passo per l'integrazione dell'immigrazione.

Il testo approvato dal Parlamento dichiara, infatti, che la social card è concessa ai residenti cittadini italiani o di Stati membri dell'Unione europea .Approvato nel mese di Dicembre dello scorso anno potrebbe apparire una sorta di regalo di Natale agli immigrati. In realtà, l'Italia si è adeguata alla normativa europea che prevede che sul fronte delle prestazioni sociali, i cittadini comunitari e gli extra Ue "lungo soggiornanti" abbiano gli stessi diritti dei cittadini del Paese dell'Ue in cui hanno scelto di vivere.

I numeri dell'immigrazione in Italia 

Secondo i dati Istat relativi al bilancio demografico nazionale, alla data del 1º Gennaio 2013, risultavano residenti in Italia 4.370.317 stranieri, pari al 7,4% della popolazione totale, con un incremento, rispetto all'anno precedente, del 8,3% (335 000 persone), in frenata rispetto all'aumento registrato nel corso del 2009 (+343.000) ed in generale il più basso dal 2006.

L'incremento della popolazione straniera residente nel corso del 2012 cresce soprat-tutto per effetto dell'immigrazione dall'estero (321 mila individui) ma, in parte, anche delle nascite di bambini stranieri (80 mila). I nati stranieri nel 2012 costituiscono il 15% del totale dei nati da residenti in Italia. In diminuzione va conteggiata l'acquisizione della cittadinanza italiana di quasi 66 000 stranieri. I dati delle statistiche ufficiali basate sulla residenza, come è ovvio, non comprendo-no i numerosi stranieri che dimorano illegalmente sul territorio nazionale.

La Fondazione Ismu-Iniziative e studi sulla multietnicità con una sua ricerca del 1º gennaio 2008 stima la presenza di un 17,9% in più di immigrati irregolari presenti sul territorio italiano (circa 650.000). Analizzando le zone di provenienza, si nota come negli ultimi anni ci sia stato un de-ciso incremento dei flussi provenienti dall'Europa orientale, che hanno superato quelli relativi ai paesi del Nord africa, molto forti fino agli anni '90.

Ciò è dovuto in particolare al rapido incremento della comunità rumena che, in particolare nel 2007, è all'incirca raddoppiata, passando da 342.000 a 625.000 persone e rappresentando quindi la principale comunità straniera in Italia. Ciò è dipeso, verosimilmente, dall'ingresso della Romania nell'Unione Europea che ha facilitato i flussi e dall'affinità linguistica. Al 1º Gennaio 2011 i romeni, con quasi un milione di residenti, rappresentano la prima comunità straniera (oltre un quinto degli stranieri presenti in Italia).

Accanto ad essi le principali comunità straniere presenti in Italia sono quella albanese, marocchina, cinese ed ucraina. Nel corso del 2011 almeno 1,7 milioni di persone provenienti da un Paese al di fuori dell'Unione europea sono immigrate in uno dei 27 Stati membri, mentre 1,3 milioni di persone già residenti all'interno di un Paese dell’Ue sono migrate in un altro Stato membro.

Complessivamente, circa 3,2 milioni di persone sono immigrate in uno dei 27 Paesi dell'Ue, mentre almeno 2,3 milioni di persone sono emigrate lasciando il territorio dell'Ue. Il Regno Unito è stato nel 2011 il Paese che ha fatto registrare il maggior numero di nuovi immigrati (566.044), seguito da Germania (489.422), Spagna (457.649) ed Italia (385.793); questi quattro Stati membri insieme hanno ospitato nel 2011 il 60,3% di tutti gli immigrati nell'Ue. La Spagna ha invece segnalato il maggior numero di emigrati nel 2011 (507.742), seguita dal Regno Unito (350.703), dalla Germania (249.045) e dalla Francia con (213.367).

16 Stati membri dell'Ue hanno rilevato più immigrazione che emigrazione nel 2011, mentre invece in Bulgaria, Repubblica Ceca, Irlanda, Grecia, Spagna, Polonia, Romania ed i tre Stati baltici il numero di emigrati ha superato quello degli immigrati. Considerando il numero di immigrati in relazione alla dimensione della popolazione residente, al primo posto per l'incidenza dell'immigrazione si trova il Lussemburgo (38 immigrati per 1.000 persone), seguito da Cipro (26‰) e Malta (13‰).

L'incidenza dell'emigrazione sulla popolazione residente è invece stata particolarmente elevata in Irlanda (19 emigrati per 1000 persone) e Lituania (18 emigrati per 1.000 persone). 

Sulla base dei dati Istat, delle associazioni di volontariato nonchè dei Ministeri, coinvolti direttamente od indirettamente nel fenomeno dell’immigrazione e della sua integrazione, l'immagine della popolazione immigrata è ben diversa dallo stereotipo dello straniero maschio adulto e solo, in quanto si tratta solitamente di un'immigrazione caratterizzata da:- dalla presenza di famiglie;- la fascia di età mette in rilievo una presenza massiccia di giovani adulti ambosessi (circa il 70% è tra i 18 e 45 anni, il 10% oltre i 46 e il 20% ha meno di 18 anni);- è diffusa, anche se in maniera disomogenea, sul territorio anche al di fuori delle aree urbane con tassi elevati, oltre 10%, nei paesi e nei centri medio-piccoli;- è solitamente inserita nel mercato del lavoro con forti picchi in determinate professioni (il 6% nell'agricoltura, il 45% nell'industria, il 32% nei servizi, il 17% nel commercio ed è in crescita nel settore dei servizi, dove le colf straniere rappresentano il 74,4% di tutti i lavoratori impegnati in questa professione);- è decisamente sensibile la presenza di minori il cui numero cresce più degli adulti, sia per ricongiunzione sia per nascita.

Immigrazione e scolarizzazione

Il fenomeno dell'immigrazione è caratterizzato spesso da giovani ed adulti che nel proprio Paese avevano casa e lavoro e vivevano una condizione socio-culturale ed economica simile alla nostra classe media.

Contrariamente ai luoghi comuni diffusi, le persone in condizioni di debolezza culturale e prive di risorse materiali non riescono ad emigrare e si ammassano alle periferie delle città capitali dei loro Paesi o, quando riescono ad andarsene, si fermano nei Paesi arabi, nel sud est asiatico, in poli periferici di sviluppo. In Italia, pertanto, arrivano sovente operai talvolta qualificati, tecnici, professionisti del commercio, giovani diplomati, contadini e piccoli proprietari di terra, insegnanti ed impiegati. A conferma della differente immigrazione e della sua parziale integrazione nel tessuto italiano è bene fare alcune analisi dettagliate.

Ad esempio, l'imprenditoria degli immigrati, a partire dagli anni '90, sta conoscendo un notevole sviluppo.

Si tratta di un canale di inserimento tutt'altro che marginale, come avveniva una volta per le diffuse forme di ambulantato, ed anche molto promettente come sembrano aver capito in maniera crescente gli stessi cittadini immigrati.

Il mercato occupazionale italiano offre sempre nuovi spazi agli immigrati, considerato che spetta ad essi una ogni otto assunzioni e quasi un quarto dei nuovi posti di lavoro.

Tuttavia, il settore del lavoro dipendente presenta molti aspetti problematici, sia per quanto riguarda la continuità del rapporto, sia per il riconoscimento delle qualifiche e per la conseguente gratificazione. Sono queste le ragioni per cui molti preferiscono la "via autonoma" all'occupazione, diventando imprenditori.

Alcuni riprendono così le esperienze già fatte nei Paesi di origine mentre per altri si tratta di una scelta innovativa e frutto di intraprendenza maturata a contatto con il contesto italiano. Il cosiddetto "lavoro autonomo" degli immigrati è quindi divenuto, nel tempo, un settore molto diversificato: collaborazioni occasionali, collaborazioni coordinate e continuative che talvolta si configurano come una incipiente forma imprenditoriale ed altre volte servono solo a mascherare un rapporto di lavoro dipendente ed iniziative imprenditoriali formali, debitamente registrate presso le Cciaa, Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura.

Si usa definire questa variegata realtà come "imprenditoria etnica", anche se le imprese sono talvolta miste e se, più che offrire servizi al gruppo di appartenenza, si rivolgono al mercato in senso lato, come del resto è prevedibile nel normale sviluppo del processo di integrazione. Nonostante la crisi economica che affligge i Paesi occidentali le imprese degli immigrati in Italia continuano ad aumentare.

A Giugno del 2011 sono oltre 400.000 gli imprenditori stranieri in Italia, quasi 1/10 di quelli totali. Nel primo trimestre 2009 il numero delle imprese individuali con un titolare nato in un Paese non appartenente all'Unione europea erano 242.969 unità, il 7,2% di tutte le imprese individuali italiane (3.396.224)

Va, dunque, sottolineato che dal 2006 ad oggi la presenza di immigrati nell'imprenditoria è aumentata del 38,6%.

A Giugno 2011, gli imprenditori stranieri sono aumentati del 5,7% in un anno e del 38,6% negli ultimi. Accanto a tale dinamica ascendente si deve registrare, d'altro canto, una flessione nel numero di imprenditori italiani, calati dell'1,4% nell'arco di un anno (-0,9% solo nell'ultimo semestre) e del 6,6% dal 2006. La presenza straniera all'interno dei settori di attività si fa maggiore nel commercio, nelle costruzioni e nella manifattura, dove, rispettivamente, sono attivi il 36%, il 29,2% ed il 9,1% del totale degli imprenditori. Ma è nelle costruzioni che il peso dell'imprenditoria etnica si fa più evidente: su dieci imprenditori del settore, quasi due sono stranieri (17,5%). I dati che vengono periodicamente forniti da Infocamere (l'archivio statistico degli iscritti alle Camere di Commercio) sono indispensabili per conoscere il lavoro autonomo. Il livello culturale degli immigrati, in base al censimento 2001, risulta mediamente elevato:- il 12% è laureato;- il 28% ha un diploma di media superiore;- il 33% ha la licenza media.

Oggi alcune comunità, in particolare i nuovi arrivati, presentano il 50% di laureati (Perù, Equador, Ucraina, Moldavia e Filippine).

Molti i minori, soprattutto adolescenti e preadolescenti, questi ultimi sono oltre il 20% di tutti gli immigrati. Quasi la metà degli arrivati sono donne (48%)Il fenomeno dell'immigrazione degli ultimi anni è peraltro cambiato anche perché implica, in misura maggiore o minore, che l'immigrato si sia procurato risorse economiche di una certa entità specialmente nel caso arrivi in Italia in maniera irregolare.

L'immigrazione irregolare implica, infatti, avere a disposizione in contanti alcuni anni di salario del proprio Paese senza contare gli appoggi in quello d'arrivo.

Spesso, poi, alla capacità di adattamento si accompagna l'intraprendenza, la conoscenza di altre lingue e la disponibilità ad affrontare i rischi della ricollocazione. In ogni caso, pur a fronte delle caratteristiche sopra citate, risulta evidente la necessità di promuovere programmi di accoglienza degli immigrati mirati a fornire loro un bagaglio linguistico sufficiente, almeno, per un facile inserimento nel tessuto sociale e lavorativo.

A questo proposito, poi, sono significativi quei fenomeni legati ad un'immigrazione di "transumanza" o "catena umana" come testimoniato dalla comunità cinese, rumena, marocchina, peruviana ed equadoregna.Questa particolare immigrazione etnica, legata ad una provincia o città, ha infatti mosso migliaia di singoli e famiglie che vivevano in aree definite nei loro Paesi verso la medesima destinazione. I soggetti più deboli e privi di risorse possono, pertanto, contare sul gruppo già emigrato.In sintesi il protagonista dell’immigrazione è solitamente giovane, talvolta con diploma o laurea, che ha lavorato fino a poco prima, con una casa nel proprio Paese, una famiglia, intraprendenza e spesso una professionalità specifica.

In questo scenario di immigrazione fluttuante e di integrazione difficile in continua trasformazione, vi è una categoria a parte costituita dai rifugiati e dai richiedenti asilo che fuggono da Paesi dove sono perseguitati, come nel caso dell'ex Jugoslavia, Somalia, Liberia e Congo.

Immigrazione e nazionalità

Una caratteristica interessante dell'immigrazione in Italia è determinata dal numero elevato di nazionalità.Infatti quelle con una significativa presenza sono circa 30 ma si arriva comunque a ben 160 nazionalità diverse.

Quella più significativa è la proveniente dalla Romania, seguita da Marocco, Albania, Ucraina, Perù, Cina, Equador, Nigeria e Polonia.La comunità rumena, di cultura europea e lingua neolatina, conta proporzionalmente il maggior numero di lavoratori soprattutto nell'edilizia e nel lavoro autonomo.

L'immigrazione rumena, inoltre, è un'immigrazione con un discreto livello di scolarizzazione e la maggior parte che arriva in Italia è in possesso di un diploma.

Immigrazione e distribuzione sul territorio nazionale. I numeri dell'immigrazione variano in base alle caratteristiche socio-economiche del territorio, per cui le zone con maggior presenza sono Roma (350.000), Milano (322.000), Torino (126.000) e Brescia (110.000).

A livello regionale, in testa vi è la Lombardia con 653.000, il Lazio con 389.000, l'Emilia Romagna con 285.000, la Toscana 222.000 ed il Piemonte 286.000. Da aggiungere, poi, circa il 20% di minori di 14 anni, indicati sul soggiorno dei genitori che portano il Piemonte a 300.000 regolari.

La distribuzione degli stranieri residenti sul territorio italiano si conferma non uniforme. L'86 % degli stranieri risiede nel Nord e nel Centro del Paese, il restante 14% nel Mezzogiorno. Gli incrementi maggiori nel corso del 2012 si manifestano tuttavia nel Sud (+12%) e nelle Isole (+10,9%).

Le politiche e gli investimenti pubblici per l'integrazione dell'immigrazione

Nel fenomeno dell'immigrazione e dell'integrazione, la presenza degli immigrati pesa significativamente sul dibattito politico. I governi succedutisi dal 1994 ad oggi sono intervenuti frequentemente sul problema con misure legislative talvolta diametralmente opposte.

La caratteristica estremamente controversa del problema è confermata dalle continue modifiche delle norme di riferimento in base alla coalizione di governo al potere: la legge Turco/Napoletano, promulgata da un governo di centro sinistra alla fine degli anni 90, è stata poi modificata radicalmente dalla Bossi/Fini con l'affermazione del centro destra nel 2001 mentre l’ultimo provvedimento legislativo (Amato/Ferrero) ha stravolto la Bossi/Fini.

Il fenomeno dell'immigrazione è oggettivamente di prima grandezza non solo nel confronto/scontro tra le forze politiche ma anche nell'opinione pubblica stessa dove si confrontano e spesso si scontrano con asprezza posizioni di apertura ed integrazione con atteggiamenti di chiusura e di allarme sociale.

Gli investimenti pubblici sulla immigrazione nel 2005 e nel 2006 ammontano a 144 milioni di euro di cui 29 milioni a sostegno dell'immigrazione e 115 milioni per contrastare l'immigrazione irregolare.

Immigrazione ed integrazione: effetti sulla società 

L'immigrazione che diventa necessità di integrazione: il problema del singolo diviene il problema della collettività.

L'integrazione degli immigrati in questi ultimi anni è diventata fonte di accesi dibattiti non solo in Italia, come accennato a parte, ma ovviamente nell'intera Europa. Infatti, anche se in misura differente, tutti gli Stati membri sono coinvolti da movimenti migratori ed alcuni di essi, trasformatisi da Paesi di emigrazione a Paesi di immigrazione, si trovano ad affrontare per la prima volta le difficoltà determinate dall'integrazione. A fronte dei nuovi immigrati e di quelli già inseritisi nel tessuto sociale, i Paesi interessati hanno modificato, alla luce di nuove esigenze e problemi, le precedenti politiche di integrazione.

La promozione dell'integrazione è, pertanto, divenuta oggetto di forte dibattito e gli approcci dei vari Stati nei confronti degli immigrati, dell'immigrazione e dell'integrazione variano a seconda delle singole storie di immigrazione.In aggiunta occorre considerare che il fenomeno dell'immigrazione ha ormai assunto, per via delle dimensioni esorbitanti, una grande sfida non solo per l'Italia ma per tutta l'Europa.

Se l'opinione pubblica interpreta spesso il fenomeno dell'immigrazione come un pericolo, questo è dovuto all'incapacità di gestirlo incanalandolo verso una integrazione disciplinata e regolamentata sottolineando non solo i diritti ma anche i doveri.

Non bisogna, infatti, assolutamente trascurare la necessità di fornire all'immigrato una coscienza civile, basata sulla consapevolezza dei propri diritti e sul rispetto dei propri doveri.I mass-media si occupano sovente di gravi emergenze che portano ad una scorretta percezione del fenomeno, che comunque riguardano milioni di cittadini stranieri.

E' per queste ragioni che il fenomeno dell'immigrazione viene trattato come un "problema" e se negli Stati europei esiste una politica di integrazione, cioè abitativa e legata all'assistenza sociale ed all'istruzione, ne esiste anche una seconda basata sulla chiusura delle frontiere. Ma è in ogni caso che occorre affrontare il problema come "Europa" considerando l'immigrazione e l'integrazione non alla stregua di un problema politico ma come una vera e propria sfida che vede in gioco la crescita dell'Europa stessa.

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