Patrimoniale contro i piccoli risparmiatori 18-03-2014

E' chiaro a tutti che l'aumento della tassazione sulle rendite finanziarie altro non è che una patrimoniale.

 

Esclusi bot e titoli di stato, la rapina passa dal 20% al 26% ed è un altro attacco, dopo la persecuzione nei confronti dei proprietari di immobili, ai piccoli risparmiatori.

Un piccolo risparmiatore che incassi 10.000 euro di dividendi dovrà infatti lasciarne ben 2.600 ma la rapina non si pone nella stessa misura nei confronti di tutti.

Infatti nell'eventualità di un risparmiatore/azionista con una partecipazione qualificata, superiore cioè al 2% qualora la società sia quotata in borsa oppure al 20% qualora non lo sia, il sangue versato è ben diverso.

 

Innanzitutto la tassazione sulla rendita finanziaria implica che gli utili eventualmente conseguiti vengano indicati nella dichiarazione dei redditi.

Nel caso, poi, di un analogo dividendo da 10.000 euro, il grande azionista ne dichiarerà solo il 49,7% al fine di evitare una doppia imposizione; infatti, gli utili delle imprese sono assoggettati a tassazioni differenti.

Se ne ricava, pertanto, che il grande azionista ne dichiarerà solo 5.000.

Qualora si tratti della sua unica fonte di reddito, l'imposizione corrisponderà ad un'Irpef dal 23% al 43%; nell'ipotesi più elevata, il grande azionista preso in esame pagherà non più di 2.150 euro.

Al contrario, il piccolo azionista pagherà il 26% sulla somma intera e quindi 2.600 euro.

 

A fronte di questi numeri si capisce chiaramente che il governo vuole la pelle dei piccoli risparmiatori, di coloro che hanno faticato una vita per uno o due immobili, magari pure ereditati, e di quanti detengono "capitali" medio - piccoli.

 

I grandi investitori istituzionali, i grandi azionisti, gli istituti di credito non vengono minimamente toccati da quella che, per i medio - piccoli, non può che essere considerata l'ennesima rapina di stato.

 

Nota. I termini "stato" e "governo" sono stati privati delle iniziali maiuscole non per errore.